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Il disturbo borderline della personalità - intervista alla dottoressa Carretta


Abbiamo intervistato Ilaria Carretta psicologa e psicoterapeuta, socia dell'associazione GET per il trattamento dei disturbi di personalità per parlare di Disturbo Borderline della Personalità.
Una chiacchierata estremamente interessante da cui è trapelata tutta la preparazione che la dott.ssa Carretta ha sull'argomento.

Perché è complicato diagnosticare il disturbo borderline della personalità?
Uno dei modelli utilizzati per diagnosticare il disturbo borderline della personalità, è il modello americano "DSM". Attraverso questo modello si rilevano nelle persone dei criteri e comportamenti ben definiti, che sono ad esempio la paura dell'abbandono, le relazioni stabili intense, la diffusione dell'identità, i comportamenti autolesivi.
I criteri indicati nel modello americano sono 9 in totale e ne servono 5 per avere una diagnosi del disturbo della personalità.

Il metodo americano, però si sofferma solo sul comportamento, sulla superficie, in realtà il disturbo borderline della personalità è molto più complesso. Per studiarlo bisogna andare più in profondità, studiando e curando il funzionamento, e non fermandosi solo ai comportamenti. Questi comportamenti sono facilmente individuabili e classificabili, la vera difficoltà sta nel capire cosa si cela dietro a quel comportamento.

Il disturbo borderline della personalità potrebbe nascondersi dietro ad una tossicodipendenza, se si osserva solamente il comportamento, si tenderà a stigmatizzare una persona come tossica, ma se si guarda più in profondità si può capire cosa si occulta dietro a quegli atteggiamenti. Riconoscendo il funzionamento, non si ha solo un punto in cui agganciarsi, ma un punto di inizio per curare e iniziare una terapia.

Il disturbo di personalità ha un'incidenza maggiore tra la popolazione femminile rispetto a quella maschile?
Il disturbo di personalità viene definito come una costellazione di sintomi e di comportamenti tendenzialmente stabili nell'individuo e che caratterizza il modo usuale di una persona di comportarsi, di sentire, di relazionarsi e di pensare.

Affligge il modo di pensare, il comportamento, l'identità e le relazioni, ed è composto da comportamenti e componenti che sono patologici, pervasivi e persistenti.

La società e la cultura, definiscono cosa è patologico e cosa non lo è, non c'è un dato oggettivo. Difatti questo spiega perché il disturbo borderline è più studiato rispetto al passato, per di più chiarisce il motivo per cui è più facile assegnare questo tipo di patologia al genere femminile rispetto a quello maschile.

I comportamenti che vengono identificati nel DSM sono degli atteggiamenti più presenti nel genere femminile. Ad esempio la labilità emotiva, il cambio di umore, le relazioni instabili, la sensazione di aver paura e il comportarsi in modo estremo nei confronti dell'abbandono, sono modi di fare che culturalmente sono stati rinforzati nel genere femminile fin dall'infanzia, selezionando gli atteggiamenti.

Si rafforza infatti nel genere femminile il concetto che possano sempre contare su un sostegno, contrariamente al genere maschile viene rinforzata l'idea che debbano cavarsela da soli, e che l'espressione della emotività sia da evitare e punita come segno di debolezza.

Esiste una correlazione tra disturbo borderline e i problemi neurologici?
Attraverso gli studi si è scoperto che i soggetti che ricevono una diagnosi del disturbo borderline della personalità mostrano una iperattivazione a livello dell'amigdala. Oltre alla iperattivazione dell'amigdala si nota anche una ipo-attivazione della corteccia cerebrale prefrontale, legata al ragionamento razionale, il problem solving e l'inibizione degli impulsi primari.

Nel nostro funzionamento abbiamo due vie: una breve e una lunga. Nei soggetti con il disturbo borderline della personalità se l'amigdala è sempre iperattivata, è come se fosse sempre in una situazione di sopravvivenza, scegliendo la via più breve. Anche le sinapsi si fanno molto più forti, più si usano certe connessioni, più queste crescono e diventano automatiche. Avendo una amigdala iperattiva pian piano si perde la via corticale, che si può ripristinare con sforzo continua focalizzazione (come ad esempio accade nella psicoterapia).

Se le persone, a partire dall'infanzia, mostrano questo correlato fisiologico, non significa che possano sviluppare di default il disturbo borderline, devono intervenire altri fattori. Si parla in questo caso di una interazione tra fattori biologici e ambientali.

Come si relaziona una persona con disturbo borderline con i propri pari e nella società? Quali sono le difficoltà che può incontrare?
La difficoltà della relazione è uno dei problemi più grossi per le persone con disturbo borderline della personalità, causato dalla paura dell'abbandono e altri fattori che insorgono fin dalle prime relazioni con il caregiver e che determinano in parte la selezione delle altre persone significative. Il soggetto che presenta questo disturbo è imprevedibile.

D'altra parte, anche la relazione dell'altro con un soggetto con un disturbo Borderline è difficoltosa, perché viene percepito come imprevedibile e impulsivo. In realtà, l'imprevedibilità che si evidenzia non è altro che l'espressione di una instabilità emotiva, che porta a iperreazioni e agiti più intensi di quelli attesi.

Se proviamo a entrare nel meccanismo relazionale, vediamo che la relazione con l'altro soggetto è dettata sia dagli eventi che i due vivono insieme (scriversi su chat, frequentare gli stessi ambienti...), sia dall'interpretazione che i soggetti hanno degli eventi che li riguardano. Nel soggetto con BPD l'interpretazione degli eventi è fortemente dettata da aspetti emotivi intensi, non sempre condivisibili per qualità e intensità con l'altro.
Si sviluppa un disassamento nella relazione tra i due soggetti, come se si fossero vissuti eventi diversi.

Un altro fattore è l'incapacità di mantenere una distanza con l'altro soggetto, dato che nei soggetti con il disturbo borderline della personalità si ricerca una fusionalità relazionale. Annullando la propria vita e creando un'identità aderente a quella altrui, nel timore di perderlo.

Quando la persona con il disturbo borderline si relaziona con un altro individuo, tende a fondersi con l'identità di quel soggetto. Questo accade perché l'individuo con il disturbo borderline della personalità presenta un'identità instabile, una insicurezza, che lo porta alla ricerca di un sostegno e di un appoggio.

Perché i gruppi esperienziali sono considerati il metodo terapeutico più efficace contro questo disturbo?
Il metodo Get è uno tra i metodi efficaci per curare il disturbo borderline della personalità. I soggetti affetti dal disturbo borderline della personalità sono diversi tra di loro, per cui non esiste un metodo più efficace rispetto ad un altro, ma dipende dal singolo individuo, dalla sua motivazione alla terapia. dal livello di astrazione, e non ultimo dagli aspetti logistici che caratterizzano la propria vita (se lavora, se studia, se abita lontano...).
Il metodo e la persona devono incontrarsi nel momento giusto. Se non funziona in quel momento, non significa che la persona non possa migliorare, ma è il metodo che non è adatto e quindi bisogna trovare un'altra via.

Il metodo Get rispetto agli altri metodi si fonda su una terapia di gruppo, in cui i soggetti seguono la terapia insieme. Nei gruppi di terapia esperienziale, sono le persone stesse del gruppo che trovano la loro modalità di gestire il problema, utilizzando il gruppo. Un aspetto fondamentale che determina, crediamo, l'efficacia di questo metodo, è lo sviluppo di una fiducia epistemica, ossia la capacità di fidarsi della conoscenza dell'altro, che in questo caso è come me, non cala insegnamenti dall'alto ma dalla propria esperienza, che riconosco essere come le mia.
In gruppo non c'è un giudizio, tutti sono nella stessa situazione.

La terapia di gruppo è un momento di condivisione di esperienze senza che nessuno implicitamente o esplicitamente possa commentare in modo giudicante. Uno dei primi obiettivi della terapia è accettare le proprie emozioni e se stessi, che siamo i maggiori giudici delle nostre esperienze.

Qual è la fascia di età in cui è meglio intervenire?
Il disturbo borderline della personalità, tendenzialmente si diagnostica con il DSM da 17 anni in su, perché prima le persone non hanno una personalità strutturata. Per i più giovani si può riconoscere una gestione emotiva non funzionale, ma non si può ancora affermare che questa disfunzionalità porti ad un disturbo borderline della personalità. Tuttavia, numerosi studi stanno mostrando come già nella preadolescenza si possano individuare dei segni prodromici che è bene prendere in considerazione per una diagnosi precoce e un possibile trattamento a prognosi favorevole. In particolare, questi soggetti possono presentare un nucleo di sofferenza patologica che è data da una disregolazione emotiva importante.

Chiaramente prima si riesce a percepire e di conseguenza intervenire, meglio è, dato che le persone che presentano una vulnerabilità emotiva, che li porta a sperimentare le emozioni in modo intenso, minano le relazioni alla base e tendono a cercare delle strategie comportamentali che non sono sempre funzionali, il che porta ad una qualità di vita che anche nei primi anni dell'adolescenza, non è ottimale.

Nella prima età adulta tra i 18 e 25, il disturbo borderline della personalità può essere trattato e curato ottenendo dei risultati migliori ed efficaci.

Il genitore come può aiutare un figlio con disturbo borderline? Il percorso può essere familiare?
Gestire un ragazzo o una ragazza con un disturbo borderline della personalità può risultare difficile per un genitore. Spesso i familiari non sanno come aiutare il figlio o la figlia e si sentono impotenti di fronte a questa situazione. La famiglia gioca un ruolo importantissimo e per questo deve essere coinvolta nel percorso di cura.

Ogni metodo presenta un suo approccio, in alcuni metodi vengono coinvolti anche i familiari.

Nel metodo GET, il focus della terapia è il soggetto che soffre del disturbo borderline della personalità, ma anche i familiari sono invitati a svolgere un percorso partecipando a dei corsi in cui sono aiutati ad approfondire e comprendere il tema del disturbo borderline della personalità, come è composto e come devono trattare questo argomento. Devono imparare a conoscere questo disturbo e ad affrontarlo, sostenendo il ragazzo/a nel seguire la terapia, senza giudicarlo/a.

Cosa può consigliare ad un ragazzo o una ragazza che soffre del disturbo borderline?
I ragazzi che presentano il disturbo non devono sentirsi sbagliati, ma possono essere accompagnati a comprendere a fondo il loro particolare modo di vedere e percepire le cose.

Essere emotivi e vulnerabili significa essere sensibili alle emozioni. Una sensibilità che da vulnerabilità si può trasformare in una ricchezza. Se si lavora su questo vedendolo come una risorsa, è possibile ottenere grandi successi e molte persone con disturbo borderline riescono a gestire questa peculiarità, riducendo la sintomatologia autolesiva e suicidaria, molto disfunzionale, e maneggiandola in modo più funzionale, magari attraverso l'arte e la creatività, o l'aiuto e a cura dell'altro.

4 luglio 2022


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